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La guerra come orrore, la guerra e i suoi ordigni come territorio su cui ricercare lo sconcerto per una esperienza assurda che libera un sentimento totalizzante di pietà universale. C'è questo all'interno della nuova ricerca avviata da Quinto Airola, scultore del ferro, con la serie "I Guerrieri", portata a termine nei primi mesi del ' 91, in pieno dramma delle coscienze per gli avvenimenti del Golfo. Ma nella forza di un messaggio che travasa dal cuore dell'autore direttamente nelle forme delle sue opere, c'è anche una ricerca formale che cerca di costruire sensi utilizzando un linguaggio monocorde, esibendone tutte le possibilità espressive. Nelle tre figure dei guerrieri (modellati nelle loro forme epiche, l'elmo che copre il capo, il gladio stretto nel pugno) sono composti pezzi di granata recuperati fra i bersagli dei campi di esercitazione militare. Un materiale organico al discorso compositivo e capace di rivelare quelle plasticità estreme, realizzate dalle altissime velocità e dalle contorsioni dell'impatto del proiettile vuoto sulle barriere di sabbia. Queste schegge deformate dall'imprevedibilità delle leggi balistiche costruiscono il petto teso nell'estremo vigore della figura del guerriero morente, disegnano lo spasimo della tensione nel braccio che brandisce la spada, prestano le forme inedite di accessori della cultura guerresca. Scoperte con l'occhio attento dell'artista che vede crescere l'opera dentro il proprio immaginario, queste schegge compongono figure piene d'essenza, il dramma della vita e della morte, la fisicità delle carni e dei nervi oggettivate nel momento estremo. Quello che esce dai "Guerrieri", una serie sofferta e a lungo meditata, è una nuova sintesi della materia, ricomposta in uno spazio nuovo rispetto a quello che l'ha modellata, con un percorso a ridondanza forzata che mira a fissare l'autentico. Vanni Deffacis
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