I materiali della scultura

I materiali per la scultura sono, in questa seconda metà del Novecento, i più diversi: dal marmo al bronzo al legno, dal ferro all'acciaio agli scarti della lavorazione della fonderia.

Materiali che mantengono immutato il loro aspetto, la loro carica di comunicazione. In questo senso si delinea l'impegno di Quinto Airola, al quale la Regione Piemon­te ha dedicato questa esposizione che permette di riper­correre il suo cammino lungo una decina di anni di un discorso realistico, non disgiunto da una sottile ironia di fondo.

Del resto i suoi lavori sono caratterizzati da un continuo alternarsi di riscontri tra vita e morte, tra guerra e dissacrazione dei miti della società contemporanea, tra figurazione e astrazione, sino a racchiudere gli aspetti di una risoluzione dell'immagine che si fa simbolo di interiori sensazioni.

Vi è, però, in Airola una dichiarata volontà di cogliere i momenti più inconsueti della realtà, di fondere gli oggetti con una natura violata, con un paesaggio che riceve inaspettati messaggi dalle sue sculture-ambiente: stele che si ergono in giardini fioriti, simboli della morte, cavalli dalla ieratica staticità, cicogne tra i prati di quel Canavese profondamente amato dai pittori del­l'Ottocento come il Camino.

A differenza di alcuni altri scultori attuali, l'artista di Mathi non ha scelto i materiali "poveri" partendo da una interpretazione teorica e freddamente intellettuale della realtà circostante, ma ha più semplicemente messo a frutto l'insegnamento ricevuto dalla frequentazione degli studi tecnici, costruendo, di volta in volta, gli elementi di un linguaggio che scaturisce dalla sua ca­pacità di forgiare la forma di un drago o di un possente guerriero: "Le composizioni artistiche di Airola sono sovente ironiche, provocatorie, umane, mai riprese da altri autori e mai banali" (Pietro Ramella). E, sono "pezzi" ritrovati mediante i quali ricrea forma

stilizzate utilizzando un frammento di rampone da ghiaccio, gli occhiali da saldatore, i cuscinetti a sfera e staffe, isolatori in ceramica, trottole. Con i rottami delle automobili ha costruito figure del tutto insolite che hanno attirato l'attenzione del pubblico e della stampa: "Sfilano sul palcoscenico allestito da Airola molteplici sensazioni e momenti: umorismo, libertà, vita, guerra, famiglia, lavoro, arte, natura e animali" (Vittorio Bot­tino).

Vi è in questo suo itinerario il recupero degli utensili abbandonati nelle officine in disuso; vi è l'elaborazione

del ferro e dell'acciaio che Airola pone in evidenza assemblando volti di guerrieri medievali, galli da com­battimento con le sagome per i cappelli dei soldati e figure allungate di giacomettiana memoria, altre per­meate dal clima di un certo surrealismo ("Il Generale"), altre ancora trasformate in oggetti che tradiscono la forza di una comunicazione che non si esaurisce nel breve momento di una mostra.

E così prendono consistenza le "maschere", la dinamica esplosione de "La bomba", dove il moto ascensionale dei materiali occupa lo spazio con una tensione dram­matica, e gli antichi guerrieri "costruiti" con dei veri e propri frammenti di bombe esplose durante le esercita­zioni. Ciò che più conta, naturalmente, è l'impiego di "medium" inconsueti, senza considerarli come elementi significanti di tragici avvenimenti, che conferiscono ai più recenti lavori di Airola una suggestiva dimensione espressiva, mentre nel "Gruppo di famiglia" emerge un sentimento di raccolta intimità.

E il tutto si definisce mediante una essenzializzazione figurale legata a manovelle, occhioni di traino per au­toveicoli, pulegge, ingranaggi, lamiere, schegge di ghi­sa, molle in acciaio, ferri piegati che diventano cormorani in agonia o le mitiche cicogne del "Monu­mento ai Partigiani" del Comune di Mathi. Talora una cicogna, realizzata con due parafanghi di "Vespa" saldati, appare sui manti erbosi nei dintorni di Ciriè: è il sogno di Airola che si materializza tra alberi e arbusti, tra pietre corrose dall'acqua e macchie di fiori gialli che si stemperano nell'azzurro del cielo di un settembre percorso dal vento. Le ali, però, non si dispie­gano in un battito lento e sicuro, ma rimangono inerti, in attesa di un evento straordinario che consenta a queste cicogne di scoprire una nuova libertà e un nuovo habitat in cui la natura non è aggredita e sconvolta dal cemento, dalle autostrade, dagli agenti chimici..Airola si muove, dunque tra la gioiosa eleganza dei ballerini e

la malinconia di un "Viso reclinato" che si scorge entro la trama delle barrette di ferro, in una consapevole visione dei destini dell'uomo. La scultura appare un pretesto per esprimere angosce e illusioni, attese e drammatiche stagioni di conflitti, di esasperate contrapposizioni consumate in nome di una pace ventilata, più che perseguita. Al di là dell'uomo, del dominio della morte sulla vita, del dolore esistenziale rimane incontestabile la necessi­tà di un tempo più vicino alle esigenze di una società che sa ancora amare il volo di una cicogna, il gesto di un saltimbanco su una piazza, una figura che si confonde con il paesaggio, mentre il ferro diviene reperto, il profilo parvenza antropologica e la realtà si tramuta nel sogno di uno scultore che libera la propria fantasia nella appartata dimensione dello studio alle porte del caotico e inesausto procedere di una Torino altamente indu­strializzata.

 

Angelo Mistrangelo