QUINTO AIROLA è approdato alla scul­tura, nel senso letterale della parola, da poco più di quindici anni, però da sempre nutre dimestichezza con i metalli, ed è soprattutto nei rottami abbandonati che egli riesce ad ottenere le sue figure di intenso senso poetico.

Nel catalogo presentato dallo studioso canavesano Pietro Ramella, leggiamo che Quinto Airola comprende la cultura se­dimentata presente in un' ascia, in un martello, in un chiodo.

Questi sono alcuni degli oggetti, fra mille altri che gli consentono di realizzare le sue sculture nel suo studio-officina di Mathi, disposte poi all'aperto nel giardino affinché ritrovino la patina del tempo dopo la loro composizione. Nel 1984 il nostro scultore presenta la propria opera alla Promotrice della Belle Arti di Torino; l'anno successivo viene per lui organizzata una mostra presso il Centro Pannunzio, ancora alcuni mesi e ad Airola viene assegnato il 1 ° premio di scul­tura a Paesana.

Ormai i consensi s'infittiscono, per cui la Regione Piemonte gli dedica una grande Mostra presentata da Angelo Mistrangelo. Le opere di Airola ben si adattano a esse­re esposte anche nei giardini e parchi; ed è a Fiano che troviamo un bellissimo ca­vallo, realizzato con rottami vari ad al­tezza naturale, accanto al suo Don Chisciotte.

Sapientemente egli pone alle spalle di questi personaggi antiche pietre-steli che lui stesso ha tolto scavando per giorni in una vecchia fucina; graniti che servivano per assemblare magli a balestra. Oppure a Vence nel cuore della Costa Azzurra presso la galleria V.A.A.S. Duteurtre possiamo ammirare i grandi insetti, le api e le cicogne, realizzate con i parafanghi delle vecchi vespe "Piaggio". Tre sono i materiali che Airola predilige: le pietre con cui realizzare sintetici ma espressivi ritratti, i rottami dai quali pos­sono nascere un "insetto" che si bilancia nello spazio, un "Gallo mobile", un gran­de "Fiore", o l'ultimo guizzo di un uccello che muore: Afonia".

schegge di bombe che gli consenton di comporre ipotetici antichi "Guerrieri" intesi fra la vita e la morte, splendide figure, nelle quali è evidente il desiderio di nobilitare e far rivivere un materiale che il fuoco ha consumato. L'ultimo tema è costituito dal tema della caricatura: dalle "Demoiselle de Germagnan" alla coppia di personaggi evocanti le incisioni satiriche del Settecento anglosassone, al "Generale" che s'impone con una certa dignità nonostante il chiodo conficcato nell'ipotetica testa.

Quinto Airola crede nella sua arte: il suo laboratorio riporta alla memoria i medie­vali spazi alchemici quando dal fuoco e dai più disparati materiali, si tentavano le vie dell'oro.

Nella fucina di Mathi invece vive un uomo che crede nell'umanità, anche se talvolta la canzona, e vive uno scultore che sa esprimere angosce e illusioni, attese e rinunce.

Prof. Gian Giorgo Massara

 

ottobre 1996